Descrizione
TRASMISSIONI
Le ceramiche di Ùtol e le fotografie anonime che le hanno ispirate
Nel favoloso, accogliente e permeabile mondo delle arti, una tra le numerose strade occluse al riconoscimento è quella dove arte e cura sono una cosa sola. La creazione che si fa materia in ciò che si usa, quella produzione di opere che contiene in sé la possibilità che il risultato sia utile e viceversa, che quindi la necessità pratica, quotidiana e domestica sia celebrata dalla creazione, è cosa tollerata, accettata, ma difficilmente inclusa senza fatica e riserve.
L’ultima edizione della Biennale di Venezia curata da Alemani ha proposto, imposto e ri-mostrato che la questione non solo non è attuale, ma è sempre stata inesistente, in quanto fuori dalla realtà della maggior parte della produzione creativa.
David e Flavio sono parte di questa realtà. Con Ùtol ceramiche creano oggetti di uso quotidiano, per lo più domestico, talvolta ornamentale, scaramantico, o di auspicio, più spesso utile, e qui convogliano la loro creatività, che diventa poesia sulla materia.
La maggior parte delle creazioni hanno una storia: nell’oggetto si condensa un ricordo, un evento recente o una ispirazione ironica che profana e contemporaneamente esalta qualche assurdità contemporanea. Il concetto fluisce nella ceramica, nella forma, dove finiscono le idee, i disegni e i colori, l’esperimento, la progettazione e la casualità. Finiscono è una parola che chiude, le loro creazioni in realtà danno l’impressione di essere sempre una tappa; “ora la abbiamo fatta poi la prossima chissà, forse sarà uguale, ma non sappiamo, perché abbiamo un’altra cosa in mente”. E tu ti porteresti tutto a casa, perché chissà se lo ritrovi. Ecco queste storie che si trasformano in ogni loro passaggio sono una delle chiavi di Ùtol, partono dal quotidiano, e attraversando la creazione ce lo restituiscono in un’altra forma. Forse si può dire che nella ceramica e nella creazione compiuta sostano le idee, per trasformarsi già mentre il forno cuoce.
Ogni serie ha una sua storia quindi, una sua radice nella vita, nei ricordi, nelle suggestioni di un evento, negli amori personali o condivisi. Per questa serie sta in un pezzo della storia di David e di sua nonna Silvana : lui è nato a Canazei, dove ha vissuto con Flavio e dove – finché è stata in vita – abitava anche lei. Qualche anno fa, svuotando lo studio del nonno dove stavano per andare a vivere, trovano una antica scatola di scarpe piena di piccole fotografie in bianco e nero – 9×6 la stampa, 5×5 il fotogramma – curvate su loro stesse ma in ottimo stato. Ne chiedono alla nonna, che racconta loro che quando aveva poco più di una dozzina di anni, durante l’occupazione nazista, nella truppa di stanza lì a Canazei c’era anche un fotografo, che nel momento della ritirata le ha affidato le foto,dicendole “tienile tu, tornerò a prenderle”. Lei le ha custodite, lui nonè mai tornato.
Flavio si innamora delle foto, della storia, e lei gliele consegna, dicendogli che se possono proseguire la loro vita, è bene che vadano con lui.
David e Flavio le osservano a lungo. Sono foto che sembrano il racconto di una persona che risale l’Italia; le immagini per le quali è stato reclutato probabilmente sono altrove, queste sembrano scattateda una visione laterale a quella della guerra che invadeva tutta la vita.
Sono foto delicate, piene di amore, sono struggenti, poetiche. Osservano a distanza persone che si cercano, si sfiorano, che hanno bisogno e desiderio di essere vicine e condividere momenti semplici: stare insieme, guardare il paesaggio, godere dell’aria, passeggiare, sentire l’altra persona, abbandonarsi, fidarsi. Il fotografo sembra nutrirsi della spensieratezza altrui da dietro una tenda, noi non lo sentiamo, le persone che ritrae si fidano di lui anche se non è parte del momento. Tutta la storia è una storia di fiducia, un semplice e naturale bisogno di trasferire parti di sé, creare ricordi e trasmetterne la memoria: le persone che si lasciano fotografare nella loro precaria intimità, il fotografo che desidera essere parte delle vite e dei momenti altrui, egli stesso che poi lascia le sue immagini private in custodia a una giovane, lei che le conserva e poi, da nonna, le passa al nipote e al suo compagno. E loro che ancora una volta le trasferiscono, perché le fanno proprie fino a essere ispirazione per una serie di ceramiche. Quella che vedete esposta, accompagnata dalle sculture e pitture di papaveri, fiori della resistenza partigiana, della consolazione e della memoria, è creata unicamente per Libera+Soon; David e Flavio ri-calcano i contorni dei soggetti, le curve e i dettagli essenziali che trasmettono i gesti umani, passano sulle sfumature della storia e ce la restituiscono in forma di godimento quotidiano. Le trasformano, per consegnarle in nuove ulteriori mani, di cui si fidano, che sono le nostre. È la staffetta della memoria, orale e visiva e creativa, implicita e sottile, che si narra attraverso queste tappe, passaggi di persone, di forme, di fiducia.
UtolCover 2022 Francesca Crisafulli “MOOK”
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.